Così... pour parler

… LIBERTA’…

Cosa è la libertà per voi, che per caso, navigando in internet, avete digitato l'espressione " Così ... pour parler" su un qualsiasi motore di ricerca?

Questo non vuole essere un blog su una determinata tematica o un argomento specifico, ma solo uno spazio aperto alle parole e alle idee di tutti. Così, da un pensiero o un’idea balenata alla mente si inizia a scrivere di diversi argomenti in piena libertà…

perche´ la liberta´, se data, si trova in ogni cosa... e ci permette di essere noi stessi.


Non sono solo ira e dolore…

forza io sono di pietra pensosa, allegria di mani insieme allacciate. Infine, sono libero entro gli esseri.

E tra gli esseri, come l’aria vivo, e dalla solitudine assediata esco verso il folto delle battaglie a conquistare gioie indomabili.

Pablo Neruda


giovedì 22 marzo 2012

STORIA DI MAGADALENA YULAVERA

Quando cominciai a studiare ero solo una bambina di 7 anni e mia madre mi preparava tutto il necessario perandare a scuola. Ricordo quando terminai il sesto grado ed i preparativi per la promozione. Fu molto difficile,mio padre non voleva che andassi a scuola e neanche voleva sostenerne i costi, però il Direttore Jeorge, la professoressa Elizabeth e Yosefa mi appoggiarono ed io riuscii ad essere promossa e a sfilare con gli altri ragazzi durante la consegna dei diplomi.
Già adolescente iniziai la scuola secondaria ed i problemi in famiglia continuavano. Mia madre e mio padre non volevano che continuassi a studiare ed io piangevo ogni volta che sentivo dirmi queste cose; però non obbedivo e continuavo nello studio fino a quando un giorno mi dissero che non c’erano soldi per me. Dentro di me pensai che non era un problema e che potevo farcela da sola. Di mattina andavo a lezione, mentre il pomeriggio aiutavo la mia vicina di casa e con quel poco che riuscivo a guadagnare continuai a studiare per tre anni. Anche durante le vacanze lavoravo nelle zone di lavorazione del tabacco.
Mia madre in questo periodo richiese una borsa di studio e di sostegno economico al progetto di adozione a distanza e ringraziando Dio riuscii ad averla. Fu veramente una grande benedizione per il mio percorso scolastico.
Al quinto anno iniziai a studiare ogni sabato nell’Istituto Benjamin Zeledon “Jinotega”. Studiavo e lavoravo contemporaneamente nell’Istituto e mi piaceva molto un ragazzo. Non so che passò nella mia testa, però un giorno forse per il suo tanto insistere, andai a vivere con lui credendo alle sue parole. Comunque continuavo a studiare fino a quando un giorno  incominciò a dirmi che non voleva che andassi più a scuola.
Entrai in uno stato depressivo e non riuscivo a trovare il modo per convincerlo. Pensai di non mangiare e di continuare con o senza il suo consenso. Lo frequentavo, però non gli chiesi mai dei soldi. Risparmiavo e mettevo da parte quel che potevo con il lavoro e così terminai i miei studi.
La promozione si avvicinava ed era per me un sogno che arrivasse quel giorno. Non avevo soldi, però sapevo che potevo chiedere un prestito perché presto mi sarebbe arrivato un aiuto. Così fu e pagai tutti i miei debiti e le spese.
 Il giorno della promozione arrivò e la sorpresa fu che nessuno della famiglia voleva accompagnarmi. In quel momento sentì un coraggio ad andare avanti sola ed una forte tristezza che ancora oggi mi accompagna da quel momento.                                                                      
Mi separai dal mio compagno, dovevo prendere una decisione “ lui o gli studi”. Decisi di studiare. Me ne andai a Estelì. Ancora non sapevo che corso di laurea scegliere perché per me era difficile pagare medicina. Iniziai a lavorare come impiegata domestica per un anno durante il quale frequentai un corso come operatrice. Feci la preiscrizione a Estelì e studiai molto per passare l’esame di amministrazione. Mi resi conto che non potevo studiare medicina e scelsi un altro cammino: quello di scienze infermieristiche. Smisi di lavorare perché il mio stipendio era di 600 cordoba al mese (20 euro) e non mi bastavano e tornai nelle zone di lavorazione del tabacco. Da allora fino ad oggi lavoro lì e viaggio giornalmente a Estelì  e solo il venerdì rimango in città. Una signora che conosco mi accoglie dandomi vitto e alloggio anche quando faccio pratica infermieristica. Il lavoro nell’azienda di caffè dura solo sei mesi, il tempo restante rimango a casa delle mie amiche e compagne di classe. Così ho trascorso tutta la mia vita da studentessa…
Continuerò a lottare per gli anni che mi restano del mio corso di laurea. So che sarà difficile, però non impossibile. Con l’aiuto di Dio e dei miei padrini posso realizzarlo. 

                                                                                                             Sunì, 16 Marzo 2012

mercoledì 7 marzo 2012

COMIDA NICARAGUENSE

Para empezar...

TAJADAS DE...

MALANGA



PAPAS



PLATANO


TOSTONES Y QUESO FRITO


VIGORON

 TACOS


GALLO PINTO


Provare nuovi piatti ed imparare a cucinarli... viaggiare significa anche questo, e quando chi insegna è gente del luogo con tanta esperienza in cucina allora è perfetto, sono sicura di provare la miglior comida nicaraguense. Anche qui ho una mamma che mi insegna a cucinare e una abuelita con la quale preparo pane, biscotti e tortilla de harina ottime per la colazione. 

Al mio ritorno una cena nicaraguense ...



giovedì 1 marzo 2012

DIARIO DE VIAJE... PARTE V ... Managua e dintorni

Nicaragua,  tierra de las lagunas, de los lagos y de los volcanes.

Trovarsi di fronte ad una laguna, ad un lago talmente grande che sembra un mare, a vulcani ancora attivi dai quali si intravedono gas e fumi uscire è un grande spettacolo per i nostri occhi. La foresta tropicale poi arricchisce con un colore verde lussureggiante, con fiori di ogni tipo ed alberi secolari, simili al baobab.

 Ho visto questo spettacolo in queste due settimane di viaggio per il Nicaragua, cercando di catturare il più possibile con la macchina fotografica per far conoscere anche a voi la meraviglia di cui vi parlo.

Primi due giorni di viaggio con la mia “famiglia spagnola” per un’escursione breve, stancante ma intensa.
Prima tappa del viaggio: una piccola sosta vicino ad un distributore di benzina per mangiare una fetta di cocomero tra le strade affollate del Nicaragua, in mezzo alla polvere, la sporcizia e negozi con musica assordante. Questo un po’ mi ricorda il Cairo e sicuramente anche alle mie amiche ed amici che mi leggono. Arriviamo al mirador Katarina da dove è possibile vedere la laguna de Apoyo , wow che spettacolo!! Non pensavo di trovarmi di fronte ad un posto del genere. Mi viene voglia di chiudere gli occhi, aprire le braccia e precipitarmi nel blu della laguna.

Il nostro viaggio però continua verso la nostra tappa finale: la Isla de Ometepe. Se riuscite a trovarla con Google Maps fa strano pensare che in quel puntino di terra immerso nel blu possa trovarmi io. Mi sembra veramente di essere su un'isola sperduta e lontana.

Arriviamo a Rivas dove possiamo prendere un ferry che in un’ora ci porta nell’isola. Il viaggio è lungo sono già le cinque di pomeriggio. Arriveremo nell’isola già quando sarà buio. Qui alle sei il sole tramonta. Dopo più di quattro ore in un piccolo autobus dove viaggiamo stretti come sardine, senza riuscire a poggiare la testa per dormire ci troviamo di fronte un lago agitato e ad un traghetto che solo a  guardarlo rabbrividisce. Per fortuna ci avvisano che non è il nostro, in lontananza lo si  intravede arrivare.
Mi ero dimenticata di quanto fosse bello prendere un traghetto e viaggiare per un’ora, proprio durante il tramonto del sole mentre ci avviciniamo sempre di più all’isola di Ometepe, la più grande al mondo in un lago d’acqua dolce. E’ l’unione di due vulcani - il più grande Concepcion - uniti tra loro da un istmo di terra. Uno spettacolo. Sull’isola non c’è molta gente, solo alcuni turisti come noi. Non riesco a vedere molto, l’energia elettrica qui scarseggia. Solo domani mattina al mio risveglio potrò dirvi in che luogo mi trovo. L’albergo ha delle amache dove è possibile distendersi, la mattina decido di fare colazione con pancakes , frutta e marmellata. Qui se non vuoi mangiare uova, riso e fagioli di prima mattina, puoi optare per questa colazione un po’ grassa ed energetica, ma sicuramente dolce!:)

Iniziamo il nostro tour alla velocità della luce, ma in poche ore riusciamo a vedere la parte più bella dell’isola. El Ojo de agua “occhio d’acqua” credo si chiami così perché è uno specchio d’acqua limpida, immerso nella foresta tropicale nel quale è possibile bagnarsi. Una piccola oasi rilassante.

Poi Charco Verte, un’altra oasi dove è possibile rilassarsi, andare in canora e prendere il sole oppure andare a passeggiare per sentieri e sperare di vedere qualche scimmietta J

Sarebbe perfetto rimare qualche giorno di più in quest’isola, ma il tempo è poco e riprendiamo il traghetto dirigendoci verso Granada… mi chiedo quante Granada esistano al mondo. Ce ne è una in Spagna, una a Managua ed una è anche un’isola caraibica.
Per ora ho avuto la fortuna di conoscere le prime due ed entrambe sono incantevoli. Sarà che la Granada spagnola ti lascia un qualcosa per i suoi giardini,  il suo panorama e quella sensazione di sentirsi in un paese arabo all’interno del suo Alhambra; ma anche la Granada di Managua è speciale. Mi ricorda i reportage che spesso ho visto su Cuba con quelle case basse, dai forti colori accesi e al loro interno molto essenziali. Sembra una città rimasta al tempo del colonialismo per molti dei suoi edifici e per  l’aria che si respira.

Siamo arrivati durante la Feria della Poesia e dei racconti così abbiamo trovato ad accoglierci una grande sfilata di ragazzi che ballavano musica tradizionale con i loro costumi dai colori sgargianti e mimavano racconti o poesie della loro tradizione popolare. Non potevo sperare in un’accoglienza migliore.

La migliore città vista fino ad oggi in Nicaragua, quando ormai è più di un mese che sono qui. A Granada sono ritornata per ben due volte ed ogni volta è un piacere passeggiare per questa città.

La vacanza con la famiglia medica spagnola, che per 15 giorni mi ha incluso nel suo team trattandomi sempre come una di loro, è finita quella sera in un super albergo di Managua vicino all’Aeroporto. Per una notte ho ritrovato i comfort della mia casa. In realtà la cosa che ho apprezzato di più è stata poter restare sotto l’acqua calda della doccia per una mezz’ora senza dover rabbrividire ed uscire solo dopo 5 secondi.

I giorni successivi sono rimasta a Managua e così è stato per più di una settimana. Una buona occasione per vedere ancora di più, andare a trovare una famiglia nicaraguense conosciuta sull’aereo e non per ultimo per colmare il vuoto che quei giorni intensi di lavoro, divertimento e affiatamento mi avevano lasciato. Non sarei riuscita a tornare subito a San Rafael del Norte , ancora dopo due settimane mi sembra così strano ritornare in alcuni luoghi che si erano popolati di tante persone e non trovare nessuno. Avevo bisogno del mio tempo per riprendere da sola la mia vita di tutti i giorni, proprio come era iniziata.

Così ho fatto. Se il primo giorno a Managua mi sembrava inutile e di poca bellezza, i giorni successivi invece furono una sorpresa ed una continua scoperta quotidiana. Ho avuto così la possibilità di conoscere Managua, una città “que no tiene corazon”, così la descrivono i suoi abitanti perché dopo il forte terremoto che la colpì, fu ricostruita in modo dislocato senza un centro, una piazza e strade centrali  dove è possibile passeggiare. Per questo motivo Managua è divisa in diverse zone, tutte un po’ distanti l’una dall’altra e  per spostarsi da un luogo ad un altro bisogna necessariamente avere una macchina o prendere un autobus. Qui gli autobus però sono come al Cairo, piccoli e pieni di gente che perfino si attacca alla parte posteriore per essere trasportata. Così ho optato sempre per il taxi anche per essere un po’ più indipendente e per avere la possibilità di chiacchierare un po’ con i tassisti. Se te li fai amici e gli racconti un po’ l’ esperienza che stai facendo , ti iniziano a raccontare di tutto e si dimostrano molto gentili. All’inizio ti guardano come una “celita” , quello che a me dicono per strada per la mia pelle bianca ed i capelli chiari; per loro sembro più un’americana che un’europea, poi però se inizi a parlare e si rendono conto che non ci sono barriere linguistiche allora anche loro si sciolgono e ti dimostrano tutta la loro accoglienza.  A volte basta così poco, non essere introversi e parlare.

Un altro ostacolo per girare a Managua sono gli indirizzi… Pensate che sia così facile ottenere un indirizzo con il nome di una strada ed un numero civico? Bè qui non lo è. Dopo il terremoto le zone sono state ricostruite senza un vero e proprio piano di urbanificazione e senza i nomi di strade o vie. Solo l’antica cattedrale e la sua piazza conservano il nome. Così bisogna imparare a calcolare gli isolati, le distanze dal lago e a tener sempre presente molti punti di riferimento. Un indirizzo può essere per esempio “ dos cuadras al lago, tres arriba desde la estacion de la policia, 10 baras abajo”, per riassumervi in breve “due isolati dal lago, tre in giù… ecc” … vi dico solo che anche i Taxi e gli stessi Nica si sbagliano molto spesso. Però don’t worry non ci si perde!!:)

Non posso dire che sia una città incantevole anche perché non offre moltissimo però ho conosciuto molte persone che quotidianamente mi inviano messaggi ora che sono ritornata a San Rafael del Norte ed ho frequentato dei corsi così interessanti che anche questa città mi ha lasciato tanto.

  Per vedere le bellezze del Nicaragua bisogna spingersi fuori Managua. Io ho esplorato un po’ i suoi dintorni visitando di nuovo Granada, Leon, il vulcano Masaya con la sua laguna, la sua città ed i mercati di artigianato. E ancora las Isletas di Granada, delle piccole isolette che si trovano nel lago di Granada e che è possibile vedere con una piccola escursione in barca. Il paradiso…. Sarei voluta rimanere almeno una settimana sopra una di queste piccole isolette. Purtroppo però qualcun altro si è già reso conto della loro bellezza ed alcune sono degli hotel, sicuramente in sintonia con l’ambiente e la vegetazione che li circonda, ma tanto cari anche per un europeo o un americano… Però ci si potrebbe passare solo una giornata, così come con pochi dollari si può trascorrere un giorno intero alla Laguna de Apoyo, l’unica laguna nei dintorni, nella quale è possibile bagnarsi. Questo è un altro piccolo paradiso, il mio desiderio è potermi svegliare uno o due giorni in questo piccolo hotel di legno fatto di capanne ed amache e poter fare colazione guardando la laguna. Chissà se prima di terminare questo viaggio leggerete di questo mio fantastico risveglio!!

In questa settimana ho riempito i miei polmoni con l’aria pura che si respira qui e attraverso i miei occhi ho catturato ogni angolo paradisiaco che ho avuto la fortuna di conoscere.



Sembra un Baobab...




Mirador Katarina... Laguna de Apoyo


Il luogo dei miei sogni... dove svegliarsi e fare colazione la mattina ( Laguna de Apoyo)





mercoledì 22 febbraio 2012

PARAISO... NUNCA LO HABEIS VISTO?




Isletas de Granada


Svegliarsi la mattina guardando questo paesaggio ed ascoltando la canzone di questo viaggio...

Mi riempie di energia e di felicità e mi fa sorridere alla vita!!

Laura Izibor - Shine
 Wake up one morning you realize
 Your life is one big compromise
 Stuck in the job you swore
 Was only temporary

 Feel like the world is passing you by
 Never done all the things you were here to try
 Stuck in one place, got a pain in your face
 From all your stressing out

You ask yourself there's got to be more
 Than what I'm living for
 You ask yourself there's got to be something else
 Something more, more, more

Well, let the sun shine on your face
 And don't let your life go to waste
 Now is the time, got to make up your mind
 Let it shine on you, let it shine on you

Feel like there's nothing, nowhere to go
 You try and fight but you can't let go
 Roll the pain, got so much to gain
 Now is the time
 You ask yourself there's got to be something else
 Something more, more, more

Let the sun shine on your face
 And don't let your life go to waste
 Now is the time, got to make up your mind
 Let it shine on you, let it shine on you

You ask yourself there's got to be more
 Than what I'm living for
 You ask yourself there's got to be something else
 Something more, more, more

Let the sun shine on your face
 And don't let your life go to waste
 Now is the time, got to make up your mind
 Let it shine on you, let it shine on you

Well, let the sun shine on your face
 And don't let your life go to waste
 Now is the time, got to make up your mind
 Let it shine on you, let it shine on you
Let the sun shine on your face
 And don't let your life go to waste
 Now is the time, got to make up your mind




domenica 19 febbraio 2012

NICARAGUA


DIARIO DE VIAJE - IV LA BRIGADA ESPANOLA

Sabato 18 Febbraio.

L’orologio segna quasi le nove di mattina. Mi sveglio alle otto per il calore e l’umidità che non lasciano respirare.  Sono seduta nel mio letto , le spalle appoggiate al muro e dopo quasi una quindicina di giorni ritorno a scrivere il mio diario di viaggio. Penserete che finalmente è arrivato il sole a San Rafael del Norte e la pioggia non scende più così copiosa. Ed è vero si c’è il sole, ma solo perché mi trovo a Managua. Siamo lontani dalle montagne, a più di tre ore di distanza. Il clima cambia, la vegetazione anche. E’ più caldo, afoso ed umido.

Quindici giorni intensi, così tanto da non riuscire a scrivere e svegliarmi presto per farlo. Inoltre il jet lag ormai  è svanito ed ho il controllo esatto del giorno e della notte qui in Nicaragua. Il gallo non mi sveglia più come una volta, la stanchezza prende il sopravvento sui rumori che vengono dall’esterno e la mia stanza non è più la stessa.  A San Rafael del Norte vivo con Carmen.  Ho una stanza per me mentre  il bagno, la cucina e la doccia sono all’esterno. Un po’ scomodo soprattutto quando si rientra a casa alle undici di sera e lei già dorme. Tutto è chiuso con chiavistello e lucchetti ed è impossibile uscire per lavarsi i denti o altro. Diventa necessario in questi casi ricordarsi di usufruire del bagno prima di lasciare la casa dei medici. Potrebbe sembrare una sciocchezza quel che vi racconto, ma ciò che qui può risultare banale e semplice diventa sempre più complicato. Logicamente si può riflettere sulla parola complicato. Complicata diviene ogni cosa per chi non si riesce ad adattare. Quindi se non si hanno troppe pretese e si trova la chiave giusta prendere ciò che ci circonda con filosofia,  niente risulta impossibile e tutto diventa facile e alla portata di ognuno di noi.

La casa di  Carmen ha altri rumori. E’ accogliente, pulita ed ha una tipica cucina nicaraguense. Rispetto le altre case ha più mobili, persino un divano e due poltrone con tre sedie a dondolo. Non c’è un gallo che canta, ma se ne sente sempre uno in lontananza. Gli zoccoli dei cavalli e le voci delle persone che camminano per strada già risuonano nel mio udito alle sei della mattina. La sua casa si affaccia sulla strada principale e così la mia stanza. Ecco perché i rumori di vita quotidiana si sentono molto di più. Sono le voci dei bambini che invece mancano. Qui in casa non ci sono, lì invece già alle sette potevi sentire delle vocine stridenti iniziare ad urlare, ridere e piangere. Questo fa la differenza, però già mi sono abituata al cambiamento. C’è un rumore nuovo invece, che nell’altra casa non si sentiva perché quasi attutito dal soffitto in legno e dal tetto in cemento: il suono delle gocce di pioggia che incessantemente scendono in questo piccolo villaggio racchiuso in una valle tra le montagne. Tipico tetto di case nicaraguensi, un tetto fatto di lamiera, una capriata. Non è del tutto chiuso, il vento ed il freddo passano lateralmente e si insinuano nella casa. Per questo si dorme con tre coperte. Quando piove il rumore è più forte, distinto, come se si potessero contare tutte le gocce che cadono in meno di un secondo sul soffitto. Non amo la pioggia, ma il suo suono quando sono sotto le coperte e fa freddo mi rilassa soprattutto perché qui non ci sono tuoni, solo gocce di pioggia.

Per qualche giorno invece cambio di città, di stanza, di clima. Managua, capitale del Nicaragua che si affaccia sul suo grande lago Xolotlan. Divisa in barrios, quartieri poveri ed in colonie – zone residenziali dei benestanti e dei ricchi, qui si direbbe di “quien tiene reales” , tradotto “ di chi ha i soldi”.

La casa è grande, ha perfino due piani, ho una stanza tutta per me, un letto comodo ed un bagno interno. Sono indipendente come in una stanza d’albergo. Se non avessi fame potrei rimare chiusa qui tutto il girono a leggere e scrivere. Nella stanza c’è l’aria condizionata, impossibile altrimenti respirare. In una casa di San Rafael del Norte questa non si troverebbe, sia per il tipo di clima che per lo status della gente  che di certo non se la può permettere. 

Potete ora immaginarmi seduta sul mio letto, spalle alla parete e aria fresca che esce in modo rumoroso e raffredda la stanza. Per il rumore del condizionatore non si sente quasi la musica che sto ascoltando. Anche a questo mi sono abituata, riesco perfino ad addormentarmi con questo suono assordante. E’ una necessità più che altro.

Sono qui a Managua di ritorno da un viaggio di due giorni con l’equipe medica spagnola. Prima di tornare alla loro vita hanno deciso di rilassarsi prendendosi due giorni di vacanza. Mi sono aggregata al gruppo e sono partita insieme a loro alla scoperta del Nicaragua. Rimanendo solo a San Rafael non è possibile capire bene questo paese, importante è vedere altre realtà, anche quelle più turistiche.

Non starò qui a raccontarvi quello che ho visto e le meraviglie che mi son trovata davanti ai miei occhi. Lo farò in un altro momento. Sono qui per raccontare questi giorni passati a San Rafael con l’équipe medica e lo faccio partendo dalla fine. Ora che sono di nuovo sola e senza orari di lavoro da rispettare posso svegliarmi alle otto, accendere il mio computer  e scrivere con la musica che mi accompagna. Credetemi però, il vuoto che lasciano certe esperienze è talmente forte che in questo momento vorrei essere ancora lì a San Rafael, svegliarmi alle sei e mezza e correre per strada tra le pozzanghere ed il fango per  arrivare in tempo alla clinica. Anche il lavoro più difficile e faticoso viene fatto in modo piacevole se la situazione e l’ambiente che ci circonda è in armonia con noi stessi .

Decido di scrivere quest’esperienza partendo dalla fine e non dall’inizio perché il vuoto e le emozioni che mi ha lasciato esprimono meglio il mio stato d’animo e quello che quest’avventura in quindici giorni ha lasciato dentro di me.

Dopo questo periodo vissuto così intensamente  non me la sentivo di tornare sola in quel piccolo villaggio. Sarebbe stato troppo vuoto. Così ho deciso di fermarmi a Managua per qualche giorno e cercare di distrarmi un po’. Non è stato facile.

Gli addii e gli arrivederci non mi piacciono, come credo non piacciano a nessuno. Salutare tutti  il giorno prima durante la cena è stato abbastanza forte, soprattutto perché per ultime ho lasciato le persone a cui ero più legata. La mattina alle 430 sveglia. Il loro aereo partiva molto presto. Non sarei riuscita a salutare tutti quanti e vederli  andare via. Troppo forte per me, però  avevo il desiderio di rivedere e salutare ancora tre persone con le quali ho stretto un rapporto molto più forte che con gli altri. Succede sempre così, alla fine in un gruppo troviamo sempre per feeling , carattere ed affinità delle persone con le quali legare di più ed è incredibile come in questi contesti anche solo quindici giorni possano unirci e farci conoscere delle persone speciali. I tempi a volte si azzerano. E’ proprio vero che tutto è relativo.

Li ho visti andare via, li ho abbracciati e mezza stordita dal sonno ho chiuso la porta della mia stanza d’albergo dietro di me e mi sono infilata sotto le coperte. Ho chiuso gli occhi perché in questi casi, nei momenti di tristezza preferisco  addormentarmi  e non pensare. Si spera sempre che al risveglio tutto sia differente e la realtà solo un sogno da dimenticare, ma purtroppo non è così.  Ora si che crollo in un pianto. Ho trattenuto troppo le lacrime e ho bisogno di liberarmi. Non è facile, almeno per me, ritrovarmi sola in una stanza d’albergo e sentire silenzio intorno a me dopo un periodo così intenso.

Le mie lacrime hanno un perché, una ragione, sono il frutto di forti emozioni. Dal primo giorno che sono arrivati alla clinica tutti sorridenti e con una gran voglia di fare,  fino all’ultimo giorno quando stanchi ed esausti da viaggio e lavoro ancora ridevano e si divertivano. Ed io con loro come in una grande famiglia. Mi hanno subito accolto come “ la cooperante italiana” che come loro è lì per aiutare persone che non hanno neanche 50 cordoba (2 euro) per curarsi e poi anche per convivere insieme qualcosa di veramente speciale. Non mi hanno mai allontanato dal loro progetto di ong, anzi mi hanno incluso nel loro lavoro così come nel loro tempo libero. Pranzi, cene, feste, chiacchierate, balli, escursioni e bicchieri di birra nel piccolo locale di San Rafael “Snoopy Soda”.  Una famiglia che condivide la stessa cultura e che si è spinta fin dall’altra parte del globo per lo stesso motivo solidario. Ogni foto scattata esprime al 100 per cento quello che sto descrivendo ora. Sicuramente tutti porteremo quest’esperienza nel nostro cuore per sempre. Ci sono cose che non si dimenticano: “ se quedan grabadas en nuestro corazon”.

Ho avuto la possibilità di immergermi a 360 gradi nella vita di un medico, anestesista, chirurgo, radiologo  che sia e in quella di un infermiere ed è un mondo che mi affascina, che rispetto molto e che anche se comporta sacrifici ripaga per ogni goccia di fatica versata. Questa esperienza mi ha lasciato dentro la voglia di cominciare quel cammino che tempo fa ho deciso di non intraprendere e che ogni anno chiudo in un cassetto perché penso di aver perso quel treno sul quale dovevo salire più di sei anni fa ormai.                      E’ vero che c’è un tempo per tutto e che in questo mondo bisogna essere razionali, realistici e con i piedi per terra. Ma perché siamo così condizionati dal tempo, pronti a correre per essere più veloci di un secondo scandito dalle lancette di un orologio? A 28 anni il tempo non può essere già finito e c’è ancora una vita davanti da percorrere per inseguire i propri sogni ed  essere felice.  E’ da tempo ormai che sento questa vocazione che non posso più reprimere per non rischiare di scoppiare vivendo una vita che non è quella che desidero.

Ecco come quest’esperienza in Nicaragua mi sta aiutando a ritrovare la strada ed i desideri rimasti nell’ombra. E’ un cammino non sempre facile, vissuto intensamente e ricco di emozioni  forti. Una ricerca personale per ritrovare me stessa. Quasi a metà del cammino mi sento di aver acquisito qualcosa di importante.

Proprio come scrive un mio amico in una delle sue email quotidiane per sapere un po’ di me e della mia vita in Nicaragua: Credo che il tuo viaggio sia iniziato, se non addirittura sia stato pensato, per sentire e provare emozioni forti, il tuo cuore ti avrebbe messo a dura prova con squarci di dolore al petto e vuoti allo stomaco....ma che bello, sei e sarai viva per tutti questi mesi!!  Sentirsi viva, questo è la cosa più bella è vero!!




domenica 5 febbraio 2012

DIARIO DE VIAJE PARTE TRES - NICARAGUA

Mi addormento con la pioggia e mi risveglio con la pioggia… fa più freddo, l’umidità è di nuovo forte.

Mi addormento con un forte mal di testa e per fortuna mi risveglio senza . Sono quasi le sei.

Ieri però il sole mi ha fatto compagnia per quasi tutta la giornata anche se sono stata tutto il tempo in una stanza oscura  e dei raggi del sole ho visto poco o niente. Che ci facevo lì?? L’ong di Jaen formata dall’équipe medica spagnola  è arrivata finalmente. Quindici persone tra dottori ed infermieri.  Tutti molto simpatici e disponibili. Sicuramente per quindici giorni nel villaggio ci sarà più vita non solo per il loro arrivo, ma anche per tutta la gente che ogni giorno arriva in clinica per operarsi, fare analisi, ecografie e tante altre cose.

Ieri sveglia presto. Alle 8 ero già in clinica e la gente era già lì aspettando da tempo. Qui molte persone vivono in “comunidad” , cioè in piccoli villaggi sparsi nella campagna più profonda dove quando piove è solo una grande melma di fango. Prendono l’autobus anche alle tre – quattro di mattina per arrivare nel primo “pueblo” – paesino più grande.  Ieri davanti alla clinica c’era persino una venditrice ambulante di caffè, biscotti e cibo tipico che in poche ore già aveva finito tutto quello che si era portata dietro con il suo carretto. Buon per lei, sicuramente questi giorni saranno molto redditizi!!

Dopo le prime presentazioni io e Carmen abbiamo iniziato a lavorare fino alle otto di sera. Per fortuna qui esiste un’ora di pausa pranzo, mi vien da ridere perché in Ambasciata non avevo neanche quella. Il telefono squilla, le persone vedono che sei una della clinica ed iniziano a farti mille domande. Scusi dove vado per un’ecografia ? e per fare delle analisi?  Posso avere un appuntamento per un “ultrasonido”? Per il progetto di adozione a chi devo chiedere? E dove si trova il bagno? … Aiuto ed io che ne so di tutte queste cose, per fortuna riesco a rispondere a tutti, dopo una settimana già ho capito un po’ come funziona qui dentro e velocemente riesco a rispondere a tutte le domande… sembra un quiz. Per questo devo ringraziare i miei due anni e mezzo in Ambasciata, tutto doveva essere fatto alla velocità della luce, in modo efficiente e senza sbagli altrimenti i rimproveri e le urla del grande capo risuonavano in tutta l’Ambasciata. Scusate queste piccole evasioni, ma è impossibile non fare confronti  e ripensare, anche se mi rendo conto che siano due lavori  completamente differenti immersi in un contesto ancora più diverso. Il ritmo della vita qui non è affatto come quello che si trova in qualsiasi grande città. Siamo noi che venendo qui a lavorare portiamo i nostri ritmi, a volte si va veloci, come in questo caso, dove bisogna curare ed operare più persone possibili in quindici giorni, a volte invece bisogna adattarsi al ritmo lento della loro vita e vi assicuro che anche se all’inizio non è facile allontanarsi dalla vita frenetica – o almeno non lo è stato per me – poi si ritrova l’equilibrio, la calma ed anche il tempo per le proprie cose. Sarebbe stato impossibile a Roma trovare il tempo per scrivere così tanto al computer o leggere al mattino  un libro per un’ora intera!!

Ritornando alla clinica. Per ora sono stata assegnata al reparto ecografie. Aiuto una dottoressa spagnola di Bilbao, molto simpatica. A livello amministrativo scrivo le liste dei pazienti, coordino tutta la gente che si attacca alla porta perché vuole entrare e non vuole aspettare ore ed ore, l’aiuto a leggere i report medici  e con i macchinari per l’ecografia. Ieri abbiamo visitato ventisette pazienti ed ho assistito ad ecografie Addominales, renales, pelvicas, obstetrica y eco doppler. Li scrivo in spagnolo perché sono sicuramente più corretti di come li scriverei in italiano. Altrimenti le mie amiche dottoresse potrebbero correggermi!! J E’ bello vedere un esserino di 10, 20 o 40 settimane che si muove così come il suo cuore che batte. Altrettanto triste è invece vedere tante donne di età media ed avanzata che devono operarsi per ulcere alle gambe. Hanno infezioni profonde che si portano dietro da mesi, solo con una garza protettiva, senza curarle più di tanto. Per fortuna resisto bene alla vista di sangue, infiammazioni  profonde ed altre cose che potrebbero risultare sgradevoli.

In breve, questo il mio lavoro nel primo giorno di équipe medica. Già da stamattina si inizia ad operare, alle sette già tutti a lavoro. Per noi invece si comincia alle otto. Per fortuna perché ieri sera il mio mal di testa non era solo per la stanchezza, ma anche per la  “cerveza “ ed il mojito che continuamente il Dott. Rodolfo mi offriva. In realtà già alle due tutti pranzavano bevendo birra, di un bicchiere d’acqua non se ne vedeva neanche l’ombra. E così anche per la cena ed il dopo cena dove una chiacchiera tira l’altra ed anche una cerveza tira l’altra. Io mi sono fermata al mio mezzo bicchiere di birra ed un terzo di mojito. Non fa per me l’alcool!! Stasera tornerò a cenare e chiacchierare con loro, ma solo acqua per me!!

Comunque è bello immergersi in un ambiente così internazionale, c’è solo da imparare. Poi ho un debole più o meno nascosto per la medicina e per chi si dedica anche ad apportare il suo aiuto con il suo lavoro. Se tornerò di nuovo con la voglia di studiare medicina, questa sarà la volta giusta per mettersi di nuovo sui libri.

Vi lascio perché è ora di andare a vestirsi e mangiare i miei pancakes. Non sapete che tavole di cibo “rico” si vedono questi giorni nella casa de los medicos: riso, gallopinto (riso con fagioli), patate lesse, tajadas de papas (patate fritte), tajadas de platano (banana fritta), carne, pollo, churrasco (salsa di olio d’oliva, aglio e prezzemolo), insalata e frutta esotica di ogni tipo (papaya, ananas, melone e cocomero).

Anche prima si mangiava bene, ma in questi quindici giorni sarà sicuramente ancora meglio.

Ed io come cooperante posso mangiare con loro!! Mmm… che bontà!!

Ma… sbaglio o aspettavate un’ondata di neve a Roma? Vedo dalle foto su facebook e che in molti mi hanno mandato che la neve è scesa giù a grandi fiocchi… qui piove, ma per fortuna stamattina c’è stato un sole di almeno 25 gradi!! J Buon freddo!!